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La donna è obbligata a prendersi la libertà se non gliela concedono
Femminismo mai, umanismo sempre.
Questi sono i motti della nostra Morgana, due frasi che rappresentano il suo pensiero. Federica Montseny, un nome poco riconosciuto perfino nella sua terra, la Spagna, ma che merita indubbiamente di essere reso noto perché appartiene alla donna che, per prima nel suo Paese e tra le prime in Europa, fece sentire la sua voce arrivando a ricoprire una carica ministeriale grazie alla quale poté divulgare le sue idee di politica progressista e liberale, risultando pioniera nella creazione di leggi per questioni scottanti come, per esempio, l’aborto. Siamo agli inizi del XX secolo e come il resto d’Europa anche la Spagna è terreno fertile per quelle parole tuttora discusse e spesso messe in dubbio, Democrazia e Repubblica. L’ascesa al potere del dittatore Franco avrebbe, di lì a poco, annientato tutto quel lavoro orientato all’uguaglianza e alla convivenza pacifica, mettendo fine a ogni tentativo di creare un governo di tutti, armonico e rispettoso delle differenze, sociali, di genere, di razza. La sua dittatura durerà quasi quarant’anni e posticiperà di molto lo sviluppo della società spagnola dentro un contesto europeo. Federica nasce a Madrid il 5 febbraio 1905 sotto il segno dell’acquario.
Roba strana, sebbene io abbia la cultura sufficiente per non essere superstiziosa, ho sempre creduto alla mia buona stella.
Non ci sono molte notizie a proposito dell’infanzia di Federica Montseny. Quando nasce, suo padre, Joan Montseny alias Federico Urales, fa il giornalista a Madrid e più tardi farà il contadino. In quel momento è noto che tutti gli anarchici catalani avevano un doppio nome così da poter schivare la repressione allora in atto. Quando Federica ha sette anni la famiglia Montseny si trasferisce a Cerdanyola, a due passi da Barcellona, e lì i suoi genitori coltivano la terra. Federica verrà educata da sua madre, Teresa Mañé e non andrà a scuola. Sua madre sarà la sua maestra e l’educherà in modo eclettico facendole leggere di tutto, senza però mai seguire i dettami dell’educazione anarchica.Lei lo racconta cosí: “L’influenza dei miei genitori è decisiva nella mia vita. Il loro modo diretto di giudicare, la loro visione della vita mi hanno portato, piano piano, verso l’anarchismo.”
E continua…
Da piccola ero una bambina spensierata, libera e felice, stavo sempre all’aperto, sotto il sole rovente della Castiglia, tra i campi seminati, le pianure deserte, i boschi ombreggiati. Più tardi sono diventata selvaggia, baciata com’ero dal sole catalano, nelle fertili terre del Vallès, le mani piene di grappoli d’uva, la testa orgogliosa di sogni deliziosi.”
Federica nasce in seno a un’agiata famiglia catalana di stampo anarchico; i suoi genitori, processati più volte per le loro idee libertarie, influenzano fin da piccola le sue idee e la sua formazione crescendola con un grande senso di libertà e dotandola di abilità insolite nelle donne dell’epoca ..
Di fatto Federica si distingue dalle altre grazie a un’educazione che, per la sua epoca, è considerata avanguardista. Sua madre, Teresa Mañé, maestra, non voleva che sua figlia fosse educata in una scuola di preti o suore dove avrebbe solo imparato ad essere una buona moglie, decide dunque di formarla tra le mura domestiche dove la cresce circondandola da libri, giornali, riviste e opere teatrali. Iniziata dai genitori al pianoforte viene poi scoraggiata dal maestro: “è intelligente, ma non ha talento musicale” diceva questi. Prima ancora di essere politica Federica è scrittrice, scrive da quando ha 7 anni e i suoi primi discorsi li rivolge alla nonna o al suo migliore amico, Ketty, il cagnolino di famiglia. All’età di 15 anni scrive il suo primo romanzo. Pubblica quasi cinquanta romanzi brevi con un sfondo romantico e sociale nonché scritti politici, etici, biografici e autobiografici rivolti specificamente alle donne della classe proletaria. La sua vita ruota attorno all’attività e all’impegno politico dei suoi genitori. Comizi e manifestazioni fanno parte della sua vita sin da quando è adolescente. Federica è ben presto una giovane donna, brillante e piena di energia che non ha testa per la vita mondana e per seguire le moda quando fuori, per strada, ci sono miseria, oppressione e guerra. Per quanto riguarda l’amore, passerà la sua vita con Germinal, anche lui un militante anarchico e padre dei suoi tre figli. I due non si sposeranno e proporranno un nuovo modello di famiglia chiamando i loro figli con nomi tipicamente anarchici, Vida, Germinal e Bianca. Il giovane, amico del padre e con lui imprigionato nel ’26 per ideali politici, è un altro combattente e la sostiene nella sua carriera politica e nella lotta per l’emancipazione delle donne. Dopo la guerra, Federica scappa in esilio in Francia dove rimane per il resto della sua vita. Non ha mai smesso di difendere le sue idee e ha sempre vissuto libera. Perseguita dalla polizia tedesca e da quella spagnola nella Francia occupata, dove andremo?, dove ci nasconderemo? Di che vivremo? Bisogna lottare, aguzzare tutte le facoltà, affrontare le circonstanze, combattere e vincere! Probabilmente, se il sindacalismo attuale fosse stato di matrice anarchica piuttosto che comunista, il suo nome oggi risuonerebbe di più alle orecchie dei suoi connazionali. Invece, nonostante fosse donna dall’incredibile forza intellettuale e che in vita non smise mai di lavorare per la libertà non le sono mai stati riconosciuti i suoi meriti neanche nel certificato di morte in cui appare come donna «sans profession». Dovremo aspettare il 1977 quando in Spagna si celebrano le prime elezioni democratiche che sanciranno la restaurazione della democrazia in Spagna, è stato solo allora che Federica è potuta tornare al suo paese e rendere noto il suo pensiero. Nel 1983 Carmen Alcalde, giornalista e scrittrice femminista, scriverà un libro su di lei, Federica Montseny: Palabra En Rojo Y Negro, dove racconterà la sua vita. Non c’è nessuna differenza tra la vita lavorativa e l’attività politica di Federica Montseny. Scrittrice da quando aveva sedici anni, Federica, malgrado abbia sempre voluto scrivere romanzi, gli anni e il suo compromesso politico la portano a dedicarsi al giornalismo e alla letteratura d’intenzione sociale… “ho cominciato a scrivere sin da molto giovane…I miei genitori hanno creato La Revista Blanca ed io li ho aiutati nella loro impresa e nel frattempo io coniugavo questo lavoro colla lotta sindacale e col mio intervento nella CNT (Confederación Nazional del Trabajo), il sindacato anarchico.” Federica ha un grande successo come oratrice nei comizi . Racconta che, una volta, arrivata a un paese nel sud, dei bambini l’hanno segnalata dicendo: “Eccola lí la donna che parla”, è cosí che la chiamavano perché erano sorpresi che una donna potesse parlare così bene davanti a un pubblico così ampio che l’aspettava di città in città, dove andava a diffondere il pensiero anarco-sindacalista della CNT; nel frattempo è chiamata da molti per la sua ferocia quando difendeva con tenacia e coraggio le sue idee. .
Quando la maggioranza dei militari si solleva nel Luglio del 1936, Federica deve prendere un’importante decisione: accettare o rifiutare se essere ministro nel governo della Repubblica. Lo racconta lei stessa: “Figlia di famiglia anarchica, discendente di una dinastia nemica dell’autoritarismo, la mia entrata nel governo non doveva significare altro che un cambiamento ministeriale. Da noi, che avevamo sempre lottato contro lo Stato, che le parole Governo e Autorità significano la negazione di qualsiasi possibilità di libertà per gli individui e i popoli, la nostra incorporazione al governo poteva soltanto significare un atto di coraggio storico di importanza fondamentale…Fu qualcosa che mi obbligò a fare uno sforzo enorme che mi costò lacrime, molte lacrime.. Pero accettai, accettai vincendo me stessa.”
Prima donna a essere ministro in Spagna , assume l’incarico di Salute ed Assistenza Sociale. Sebbene ricopra l’incarico di ministra soltanto sei mesi, non perde tempo e progetta case di accoglienza per bambini, tavole calde per donne incinte e il primo progetto di legge sull’aborto. Quando il governo lascia Madrid perché le truppe franchiste erano ormai vicine, lei ci rimane.
Grande difenditrice della libertà affermava: Ci sono poche donne capaci di concepire la vera libertà mutua e senza confini per ambedue i sessi, però sono ancora meno gli uomini capaci di accettarla, siano essi reazionari oppure avanzati.” Nel Gennaio del 1939, a causa dell’avanzamento delle truppe franchiste, parte in esilio con la sua famiglia in Francia. Aveva appena partorito la sua seconda figlia. “Noi e migliaia di rifugiati, siamo arrivati al confine francese che però era chiuso e difeso da file di senegalesi col mitra in mano. Gli allarmisti cominciarono a propagare notizie false che aumentavano il nervosismo della gente. Al primo allarmista vicino a me, gli misi il cannone alla tempia e gli dissi: “Se dici una sola parola in più, ti ammazzo come ammazzerei un cane”. Il giorno del suo trentaquattresimo compleanno perde la madre, è il 5 febbraio 1939.
Mia madre morì all’ospedale di Perpignan e io non ero accanto a lei. La trovai ormai nel suo sonno eterno, con una croce sul petto. Dissi alla suora dolcemente: “Le tolga la croce: era una santa pero non credeva in Dio. ”Alla fine del ’39 si trasferisce a Parigi dove lavora per il Servizio di evacuazione dei rifugiati spagnoli, creato da Juan Negrin, l’ultimo presidente repubblicano del governo spagnolo; in questo contesto collaborava nell’imbarco dei rifugiati che erano più a rischio prigionia e dovevano scappare in America.
Benché ci sia qualcuno che non ci voglia credere, non pensai mai di avvalermi della mia posizione al S.E.R.E pere lasciare la Francia e salvare me e la mia famiglia. Sarebbe stato un tradimento ai miei compagni.
Nel 1940, dopo l’occupazione tedesca della Francia, viene reclamata dalla Spagna di Franco e per forza di cose si nasconde sotto il falso nome di Fanny Germain. Viene arrestata e incarcerata nell’ottobre del 1941 nella prigione di Limoges ma, per fortuna, nuovamente incinta evita di essere consegnata alla Spagna. A Limoges ci rimane fino alla nascita di sua figlia Blanca nel 1942.
Abitando ormai a Parigi, per nascondermi, dovetti scolorire con acqua ossigenata i miei capelli neri. I miei bei capelli, il mio orgoglio di donna, perduti per sempre! Dovetti smettere di pettinarmi per non rimanere calva.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, dopo la liberazione della Francia nel novembre del 1944, si stabilisce con la sua famiglia a Tolosa, dove continua a collaborare con l’organizzazione anarchica, pubblicando articoli e saggi e tenendo conferenze in tutto il mondo.
In questa lunga odissea di cinque anni terribili, le donne furono quasi sempre le eroine, le protagoniste delle imprese più difficili, delle azioni più pericolose. Tante volte pagarono colle loro vite, il valore, l’energia, la fedeltà con cui servirono l’ideale di libertà che viveva nei loro cuori e nelle loro coscienze.
Durante il suo lungo esilio, non smette mai di pubblicare libri, tra i più conosciuti “Donne in prigione” (1949), “Cento giorni nella vita di una donna”(1949),” Eroine” (1964), “Esodo”. “Passione e morte degli spagnoli nell’esilio” e il suo libro di memorie “I miei primi quarant’anni”. Con la restaurazione della democrazia in Spagna nel 1977 è ritornata nel suo paese in diverse occasioni tenendo molte conferenze e interviste alla radio e alla televisione che hanno sempre svegliato molto interesse.
È morta nella sua casa di Tolosa nel Gennaio del 1994, all’età di ottantotto anni.
Se Federica Montseny avesse avuto Facebook non avrebbe ricevuto molti like, men che meno maschili. Gli uomini dell’epoca le dicevano «Sei una grande lavoratrice, ma troppo intelligente, così non ti sposerai mai». Lei rispondeva fieramente e con veemenza «Non voglio sposarmi se questo significasse abbandonare i miei pensieri e il mio lavoro. Il vero amore deve essere disinteressato e libero».
“Ero cosí, fui cosí, sono cosí perché non sono potuta essere diversa, come la neve è bianca e il carbone è nero, come corre l’acqua verso il mare e l’oceano culla il sogno millenario della terra.”
“Credo nella libertà. Io non sono una leader. Se nel pensiero anarchico esistessero i leader, io non mi sarei schierata dalla parte dell’anarchismo”
“Desidero che quando sarò morta, mi amino coloro che ancora non sono nati”, una citazione che auspica un futuro in cui si sviluppi un pensiero nuovo, alternativo al marciume delle idee del suo tempo, quelle stesse idee di chiusura contro le quali la nostra Morgana non ha mai smesso di combattere.