Malgrado il suo nome sia Calle Mayor non è altro che uno strettissimo vicolo che scende da una delle tante colline della città fino alla riva del fiume Oscuro. Quello che la avrebbe dovuta rendere mondialmente famosa e visitata da miglaia di turisti è il fatto che in uno dei piccoli palazzi vicini al fiume nacquero i fratelli Luis e Alejandro Fuentes nella prima metà del Settecento. Invece, e per la nostra felicità, continua a essere un’ignota via di un’anonima città del rurale sud del Paese.
Quando si sta in cima, quello che si vede è una pronunciata discesa col pavimento selciato di un grigio non molto diverso dall’argentato colore del fiume. I palazzi sono tutti a due piani e dalle loro piccole balconate e finestre, sempre aperte e con le tende ondeggianti, pendono innumerevoli fiori che colorano i bianchi muri. I profumi che emanano si miscelano con quelli ancestrali del rosmarino e del timo, della salvia e della lavanda, e ci riportano al passato.
Se invece si guarda in alto, si osserva la crepa azzurra e con fioccose macchie bianche del cielo del pomeriggio autunnale. Si vedono anche i tetti rossi, di tegole di terracotta fatte con le mani, le schiene e la scienza di muratori che sanno il loro mestiere a memoria, genetica e storia.
Sulla stradina ci sono soltanto due negozi: L’uno, a metà della discesa a sinistra, è un piccolo e antico libraio con vetri sporchi, pareti in legno, vecchia polvere e libri vecchi dappertutto, dove, con un po’ di tempo e un tanto di fortuna, si possono scoprire delle edizioni più insolite.
L’altro, un poco più avanti a destra, è un caffè il cui padrone ha sfruttato un minimo allargamento della strada per disporre tre tavolini con tappeti gialli e poche sedie sotto un tendone a righe bianche e verdi – i colori della Regione – circondati di vasi di fiori che ci danno una certa sensazione di privatezza.
Pochi passi più avanti raggiungiamo il fiume, dove finisce il vicoletto e dove finiscono i ricordi.
Carlos, C1